Spettacolo tetrale “Valjean” in scena al Teatro San Marco di Trento.

Il 20 aprile alle ore 20.30 è andato in scena al Teatro San Marco di Trento lo spettacolo teatrale “Valjean” di Fulvio Crivello, Sandro Cuccuini e Fabrizio Rizzolo, liberamente ispirato al romanzo Les miserables di Victor Hugo. Lo spettacolo ha concluso una giornata dedicata alla riflessione su carcere e società, che era iniziata in mattinata con un convegno dal titolo “Quale carcere per l’attuale emergenza”, ospitato nella sede di Trento della Fondazione Bruno Kessler. La giornata è stata organizzata dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Trento. In occasione dei due eventi era disponibile il Catalogo della Mostra fotografica “VIA PILATI – sguardioltre” con immagini del Carcere di Via Pilati a Trento.

Amnesty International era presente nell’atrio del teatro per raccogliere firme su due azioni urgenti in tema con l’argomento della serata. Il primo caso riguarda una persona detenuta nelle carceri israeliane, al momento in sciopero della fame, a cui si chiede vengano garantite cure mediche urgenti oppure l’immediata liberazione. Il secondo caso riguarda una prigioniera di coscienza detenuta in Bahrein, di cui si chiede l’immediato rilascio.

Lo spettacolo, in forma di musical, nasce come progetto socio-culturale, e si pone come obiettivo la narrazione di una storia di redenzione, la lotta di un uomo che stoicamente combatte un destino avverso. Nella storia, Jean Valjean è un recluso condannato ai lavori forzati, che viene coinvolto in una rissa e, invece di evadere quando ne ha la possibilità, si ferma ad aiutare un secondino, salvandogli la vita. Questo suo eroico gesto gli vale la grazia e la conseguente scarcerazione, ma la sua vita è ormai segnata dalla terribile esperienza del carcere. Realizzato grazie alla collaborazione con I Provveditorati alle Carceri Italiane e il Ministero della Giustizia, lo spettacolo è stato rappresentato anche negli istituti penitenziari italiani, per mostrare ai detenuti quanto importante sia la determinazione in fase di riscatto personale. Dopo aver riscosso ampio consenso di critica ed entusiastiche recensioni nelle sue prime 32 repliche nel Nord Italia, lo spettacolo è stato vivamente apprezzato anche dal numeroso pubblico trentino.

I testi degli appelli sono disponibili qui:

Israele: detenuto in sciopero della fame in pericolo di vita
Bahrein: Zainab al-Khawaja condannata per “oltraggio a ufficiale”

IL DALAI LAMA A TRENTO

Resoconto dell’incontro con il Dalai Lama

Giovedi’ 11 aprile 2013 alle 13.30, il Palasport di Trento è ricolmo di gente tutti in trepidante attesa dell’arrivo del Dalai Lama; attesa che ha dovuto pazientare le dichiarazioni di benvenuto, ma sopratutto di denuncia da parte del presidente Pacher per la nostra insufficienza nella lotta per i diritti dei più deboli e per l’indignazione contro le offese che il popolo tibetano ha dovuto così ingiustamente subire; e inoltre due video che presentavano, in pillole, la situazione tibetana e le precedenti visite di Sua Santità in Trentino. All’annuncio dell’ingresso sul palco del Dalai Lama tutta l’emozione si è scaricata in un applauso e in un standing ovation interminabile. L’invito alla compassione e la ricerca della felicità sono stati i due temi cardine di tutto il suo discorso; inviti, che sono tanti più carichi di significato in quanto fatti da una persona, un leader, una guida spirituale che vive l’esilio dal 1959. Il Dalai Lama non si è presentato da vittima, né per informarci sulla situazione che grava sulla sua gente, ma per dirci che dobbiamo abbandonare la nostra collera, la nostra rabbia, e che dobbiamo studiare e coltivare la nostra dimensione interiore. È venuto per dirci che siamo tutti uguali e che tutti hanno il diritto di essere felici. Le parole del Dalai Lama sono state parole d’amore e di profonda speranza per una nuova era dove sarà il dialogo a prevalere e non la legge del più forte. Un discorso pronunciato con un’unione di semplicità e saggezza che ci richiama alle nostre responsabilità per un futuro migliore, un futuro migliore per tutti. La responsabilità dei più grandi consiste nell’impegno di insegnare ai più piccoli i valori più importanti: abbondare l’effimero e la ricerca della bellezza esteriore a favore di quella interiore, mentre la responsabilità delle nuove generazioni consiste nel fare tesoro dei buoni insegnamenti per rendere questo mondo un posto migliore. Un incontro a cui assolutamente non si poteva mancare e che mi rimarrà sempre nel cuore.

La situazione tibetana in pillole

Il Tibet è una regione della Cina, a nord-est dell’Himalaya. Gran parte delle preoccupazioni di Amnesty International e di molti esponenti della comunità internazionale rispetto a questo paese riguarda il rispetto dei diritti umani fondamentali. Solo tra marzo e la fine dell’anno 2012, 12 tibetani si sono dati fuoco per protestare contro il governo cinese, in maggioranza nella regione tibetana dello Sichuan. Le autorità hanno risposto con detenzioni di massa, campagne di “rieducazione patriottica” e limitando le comunicazioni. Non c’è alcun segnale che le autorità cinesi intendano affrontare le cause di queste proteste o riconoscere le rimostranze della comunità tibetana.

(Fonti: Amnesty International:http://www.rapportoannuale.amnesty.it/sites/default/files/Cina_0.pdf e Freedom House: http://www.freedomhouse.org/report/freedom-world/2012/tibet)

Il Dalai Lama sul palco

Il Dalai Lama sul palco

26 marzo 2013: Gli altri sguardi della legge

Precious, preziosa. Come una figlia, come la dignità umana. Il film che il gruppo ELSA ha scelto per lo scorso martedì 26 marzo ha molte storie da raccontare, le quali convivono nella sola persona della protagonista. E’ la storia di questa ragazzina, Precious, che intraprende un percorso a dir poco emancipatorio. Subisce violenze verbali e fisiche in famiglia (il padre ne abusa sessualmente più volte e la madre ignora il fatto accusandola inoltre di essere la causa della rovina del suo matrimonio) a noi descritte attraverso l’occhio di Lee Daniels, il regista. Precious vive i luoghi più duri della città di New York, dal ghetto alla casa della madre, agli uffici degli assistenti sociali. Ma ce n’è uno che, nella tristezza dei personaggi che la abitano, riesce a darle gli strumenti per uscire dalla condizione degradante nella quale questa ragazzina è cresciuta: la scuola. Attraverso la scrittura, e un’insegnante combattiva, Precious acquisisce sicurezza, determinazione e soprattutto riceve affetto. Solo grazie a questi elementi, la protagonista sedicenne costruisce il coraggio che le servirà poi per non farsi più schiacciare da nessuno.

Al termine della serata, noi del gruppo Amnesty di Trento abbiamo avuto la possibilità di portare alcune testimonianze di diritti umani negati dal mondo. A introdurci, un intervento della professoressa Luisa Antoniolli, docente di Istituzioni di Diritto dell’Unione Europea presso l’Università di Trento e componente del Centro Studi Interdisciplinari di Genere. La sua analisi ha pienamente centrato il disagio complessivo che questa ragazza incarna: quello delle discriminazioni multiple. Precious è un’adolescente afroamericana che vive a Harlem, famoso quartiere della periferia newyorkese. E’ obesa, è femmina, è minorenne, è non-bianca, è povera. Come la professoressa ha sottolineato, i livelli di discriminazione rappresentati dal personaggio sono stratificati, e non basterebbe una sola fonte di diritto per riuscire a superarli. Il lavoro che la società deve fare per recuperare e sostenere persone come Precious richiede uno sforzo collettivo che andrebbe fatto soprattutto ex ante.

A seguire, sono intervenuti Francesco Bridi (di cui qui il resoconto dettagliato dell’intervento – link) e Niccolò Da Ronco, attivisti del gruppo Amnesty di Trento. La loro riflessione ha riguardato in particolare i diritti dei minori, e sono state elencate alcune aree dove Amnesty International è al momento impegnata sia per quanto riguarda la sensibilizzazione dei governi, sia per quanto riguarda la pressione nei loro confronti affinché vengano adottate misure meno coercitive nei confronti dei minori: Sierra Leone, Slovenia, Palestina, Bahrein, Maldive.

Si è parlato di diritto alla libertà di vivere un’infanzia serena, al di fuori di condizioni inumane e degradanti. E’ stato sollevato ancora una volta il tema delle mutilazioni genitali, le cui vittime sono giovani donne; i casi di Palestina e Slovenia invece hanno ricordato quanto è importante il diritto all’istruzione, senza che questo debba riprodurre dei meccanismi di discriminazione al suo interno.

Al termine della serata, al nostro banchetto sono state raccolte numerose firme per le azioni riguardanti Maldive e Colombia: il primo caso riguarda una ragazza, vittima di stupro da parte del padre e accusata del reato di fornicazione. Il presidente maldiviano ha prontamente preso le difese della giovane, così come di chiunque subisca questo genere di violenza. In ogni caso, Amnesty International chiede al governo l’abrogazione immediata della legge che prevede la fustigazione per il reato di fornicazione. Anche per quanto riguarda il caso colombiano l’attenzione è rivolta al tema della giustizia. Viene infatti chiesto al presidente Santos che venga fatta luce sugli abusi compiuti contro la Comunità di Pace di San Josè de Apartadò.

Qui sotto i link alle petizioni

Colombia

Maldive

Segui le azioni urgenti e azioni urgenti kids 

Mare Deserto, intervista con Emiliano Bos, co-autore

Emiliano Bos, giornalista: vive a Milano e lavora presso la Radiotelevisione Svizzera. A Trento per la proiezione del film documentario “Mare Deserto”, lo abbiamo intervistato.

Essere giornalisti oggi: cosa vuol dire, di cosa è fatto il tuo mestiere?

Di due aspetti: le mie curiosità, e chi mi manda a svolgere un lavoro. Come con Haiti dopo il terremoto: lì mi sono reso conto nessuno sapeva nulla di quello che era successo in questo paese fino a un minuto prima del disastro. Quella storia si è materializzata e sbriciolata nello stesso momento – e io dovevo capire come raccontarla attraverso la radio.

Un mestiere che comporta delle responsabilità.

Siamo il tramite: dobbiamo raccontare, in modo serio e documentato, realtà di cui altrimenti si parlerebbe poco. In un campo profughi dello Yemen non ci vanno in tanti, bisogna capire come raccontare le persone che incontri, queste esistenze parcheggiate in un luogo dimenticato da tutti a 150 km dalla città più vicina. Non è semplice.

La scelta delle parole da usare diventa importante, così come contestualizzare le notizie.

Chiaro. Ad esempio, quando dico immigrato illegale dovrei anche spiegare perché lo è. Certo, ci sono delle regole e se uno le viola è giusto che paghi. Ma se il mio paese si chiama Somalia ed è da vent’anni che non esiste l’anagrafe, sono scappato e per arrivare qui ho attraversato un pezzo di deserto non posso essere cacciato perché non ho una carta.

Come mai l’interesse le migrazioni?

Le vedo come una sorta di ingiustizie planetarie. Ad esempio: nel 2009 sono stato a Calais, nel nord della Francia, dove c’è un grande campo di rifugiati afgani. È un confine interessante, l’uscita di sicurezza dall’Europa e la porta di accesso alla Gran Bretagna. Ho incontrato tante persone e ho raccolto le loro testimonianze. Il filo conduttore è emerso quasi da solo – e ne è uscito un libro.

Storie un po’ fuori dalla cronaca.

Ogni tanto è necessario fermarsi e uscire dal mainstream dell’informazione, raccontare qualcosa che non passa in questo flusso.

Come con il documentario.

L’obiettivo era narrare un caso specifico e portare alla luce una situazione che negli anni ha riguardato migliaia di persone. Il mio desiderio nel rintracciare i superstiti era anche la consapevolezza rispetto a tutti gli altri che non hanno nome, volto, e non compariranno in nessuna inchiesta. Di loro resta solo un elemento certo: le famiglie lasciate nel momento della partenza.

Che risultati ci sono stati?

Sia noi che il Guardian abbiamo condotto delle inchieste parallele e messo il materiale a disposizione di una senatrice olandese che ha stilato un rapporto per il Consiglio d’Europa. Ad aprile 2012 questo è stato approvato, ed è stata data carta bianca nel proseguire con le indagini. Il rapporto è stata una buona occasione per fare il punto sugli errori e chiarire alcune responsabilità su questo caso specifico. Si riconosce che ci sono stati una serie di errori nell’assistenza ai migranti e che il dramma dell’attraversamento del Mediterraneo non è affrontato nel migliore dei modi.

Pubblicato originariamente nel numero di Vita Trentina con data 3 marzo 2013

Novella Franceschini

Recensione evento “Anatomia femminile – il corpo racconta la vita”

Un’atmosfera piacevole e familiare ci ha accolti venerdì sera a San Michele all’Adige, in occasione della festa della donna. Abbiamo subito inteso essere una ricorrenza, quasi un rituale nella vita della cittadina. E’ infatti già il quarto anno che viene organizzata questa serata, per creare un momento di memoria e monito allo stesso tempo.

La massiccia presenza della popolazione femminile non ha evidentemente spaventato qualche gentleman che si è unito al gruppo e ha seguito con attenzione tutte le proposte della serata. Essa ha avuto apertura con la galleria di disegni e dipinti tutti al femminile, dove è stata illustrata la didascalia delle artiste al pubblico presente. Successivamente, è stato dato il via alle performance su palco. Prime fra tutte due giovani ballerine, le quali hanno interpretato un duetto sulle note di “Break the Chain”, canzone ideata per il flash-mob mondiale One Billion Rising. A seguire, si sono alternate le letture dei racconti creati dal gruppo InPagina, intervallate dalla musica dei brillanti “Perché No”. Tutto richiamava l’attenzione sulle tematiche legate al corpo femminile. Ogni racconto portava un nome in corrispondenza di un punto particolare: bocca, piedi, capelli, e persino clitoride. In merito all’ultima, anche noi di Amnesty abbiamo avuto la possibilità di dare voce ad una causa tutta femminile: le mutilazioni genitali.

L'attivista/Dott.ssa. Clelia Calabrò durante il suo intervento

L’attivista/Dott.ssa. Clelia Calabrò durante il suo intervento

E’ intervenuta Clelia Calabrò la quale, a nome del gruppo di Amnesty Trento, ha esposto la tematica, ricordando quanto sia importante mantenere alta l’attenzione sulla violenza femminile, così come è anche ormai ricordato dall’ONU. Fuori della sala è stato inoltre allestito un banchetto per raccogliere firme in soccorso alle donne egiziane che chiedono giustizia al proprio governo in merito agli abusi avvenuti durante la primavera araba.

Insomma, una serata ricca, dove amanti della lettura, delle arti e dei diritti umani hanno avuto modo di ascoltarsi e trovare spunti di riflessione. Al termine, sono stati distribuiti dei fiori in ringraziamento a chi ha collaborato alla serata, e sono inoltre state distribuite delle copie del racconto “Anatomia femminile” a tutte le donne presenti in sala, un omaggio da parte del gruppo organizzatore. In conclusione, un buffet auto-prodotto ha allietato gli spiriti e accomiatato i presenti.

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