DIRITTI UMANI NEGATI IN ITALIA: CARCERI E SITUAZIONE DEI DETENUTI

Che in Italia ci sia il problema del sovraffollamento delle carceri è tristemente noto.

La Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato l’Italia per il trattamento dei suoi detenuti addirittura due volte: spazi ridottissimi, poco tempo e a volte mancanza della famosa ora d’aria all’aperto, condizioni igienico-sanitarie degradanti, spazi comuni insufficienti e inefficienti possibilità per il detenuto di adire alle autorità giudiziarie per i propri diritti. Tutto questo è facilmente sintetizzabile: sovraffollamento e legislazione fallace.

Ma quello che ci si domanda è: cosa comporta? Perché ce ne dovremmo preoccupare? Sono criminali e devono pagare per quello che hanno fatto, o no?

Forse ci si dimentica che la prigione non debba essere solo una punizione, ma anche e soprattutto un’opportunità per migliorare, per essere rieducati alla convivenza civile e tornare poi in una società nella quale si riesca a vivere in armonia.

Troppo spesso però queste esigenze non vengono perseguite adeguatamente, anche e proprio perché  il sovraffollamento impedisce la piena attuazione del trattamento rieducativo.

Le condizioni disumane in cui vivono i nostri detenuti non permettono una loro rieducazione, motivo per cui il tasso di recidiva è alto e molti dei detenuti ritornano in prigione. È un cane che si morde la coda: sebbene la criminalità in Italia sia diminuita (al contrario di quanto non sia percepito) le stesse persone che escono dal carcere, hanno una grande probabilità di rientrarci.

Quali soluzioni allora? Le misure alternative, tra cui la semi-libertà, la mediazione penale, l’educazione e la formazione professionale, il lavoro esterno ed interno al carcere in quanto riabilitativo… Sono tante le cose che si potrebbero fare, se solo ci fosse più attenzione da parte dell’opinione pubblica e della classe politica dirigente.

 La Prof.ssa Antonia Menghini della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Trento ha spiegato con chiarezza questo e molto altro, facendo riferimento a fatti, leggi e sentenze. Un interessante workshop che ci ha fatto riflettere e aprire la mente su un argomento del quale non si pone, solitamente, la dovuta attenzione.

Grazie Amnesty (7)

“Il lavoro di Amnesty International in Siria è importantissimo per la sua opera di documentazione e denuncia verso i crimini contro l’umanità. La mia testimonianza diretta risale al maggio 2011 quando Amnesty International intervenne per documentare in un dossier ciò che accadeva nel villaggio della mia famiglia, il paesino di Talkalakh. Sostenere il lavoro di Amnesty International è importante perché viene data voce a casi eclatanti che altrimenti rimarrebbero sconosciuti all’opinione pubblica soprattutto per il fatto che il governo siriano vieta l’ingresso nel paese sia di Amnesty International che della stampa”.

(Shady Hamadi, attivista italo-siriano per i diritti umani)

Grazie Amnesty (6)

“Sono stato travolto da una valanga di lettere e cartoline, di messaggi di congratulazioni e di solidarietà. Sono veramente grato a tutte le persone che mi hanno scritto. In ogni lettera si può notare una specificità nazionale di chi l’ha inviata. Ma quello che tutte hanno in comune è l’empatia. Queste lettere non sono, poi, solo attestati di sostegno personale; esse esprimono una protesta contro le sistematiche violazioni dei diritti umani. Sono un messaggio chiaro e semplice per tutti i bielorussi!”

(Ales Bialitski, difensore dei diritti umani e presidente del Centro Viesna per i diritti umani della Bielorussia. Il 24 novembre 2011 è stato condannato a quattro anni e mezzo di carcere a causa del suo lavoro in difesa dei diritti umani)

Brevissime note sul libro “Il buio dietro di me” di Damien Echols

“Il buio dietro di me” è un libro autobiografico che parla della vicenda di Damien Echols, uomo ingiustamente condannato a morte nel 1994 assieme a due amici, Jason Baldwin e Jessie Missekelley (a cui vennero inflitte però pene detentive e non quella capitale), per l’orrendo omicidio di tre bambini. Dopo un lungo percorso giudiziario (il caso diverrà noto come quello dei “West Memphis Three”) e grazie anche all’appoggio della moglie Lorri Davis, conosciuta e sposata quando già in carcere, e di personaggi noti del mondo della musica (Eddie Vedder e Marilyn Manson tra gli altri) e dello spettacolo (Johnny Depp, Peter Jackson e non solo), verrà con gli altri due liberato nel 2011 (a mezzo, fra l’altro, di un vergognoso stratagemma legale).

buiodietrodimeLa storia viene narrata in prima persona e racconta della vita del protagonista sin dalla sua infanzia, pur con frequenti sbalzi temporali che non stonano affatto, ma, anzi, aiutano a ricollegare le varie vicende e a ricostruire i perversi meccanismi che possono portare un innocente a finire dietro le sbarre con gravissime ed infamanti accuse. E così succede di passare da momenti riguardanti la vita carceraria, della quale vengono raccontati sopraffazione e squallore, ad altri relativi alla crescita di Damien in un ambiente privo di affetti e di significative relazioni sociali e, per contro, segnato da una progressiva emarginazione e dallo stigma dovuto ad un carattere sempre più ribelle e controcorrente. Tutti elementi che, ovviamente, diventeranno rilevanti quando si troverà ad essere incastrato in un meccanismo giudiziario quantomeno discutibile.

L’esposizione è caratterizzata da uno stile discontinuo, che certo può rendere più faticosa la lettura, ma in maniera efficace rappresenta i differenti stati d’animo che attraversano Damien a seconda delle vicende narrate, in particolar modo laddove rabbia e frustrazione comprensibilmente si fanno sentire. Sì che poco spazio alla fine viene lasciato al perdono e alla conciliazione.

Così come emerge tristemente e con tutta evidenza come il fattore economico (spesso, purtroppo, rilevante e, di conseguenza, gravissima quanto ingiusta fonte di discriminazioni nell’efficienza delle difese nei processi) risulterà anche in questo caso decisivo, visto che sarà solo grazie all’intervento delle star dello spettacolo, che contribuiranno a fornire le necessarie risorse agli avvocati, se si potranno affrontare esami, come quello del DNA, costosissimi (si parla di milioni di dollari), ma alla fine determinanti per scagionare i condannati.

Il libro contiene, in coda, un breve, ma utile ed esaustivo, riassunto della vicenda giudiziaria, dal quale emergono con evidenza tutte le assurdità e le storture, la carenza di elementi di prova che hanno purtroppo portato comunque alla condanna di tre innocenti a pene così gravi e ad una così lunga, quanto ingiusta, detenzione.

Se ne consiglia, quindi, la lettura in quanto utile strumento di riflessione sugli effetti distorti cui può portare un sistema giudiziario nel quale discriminazione e fattori economici risultano essere sovente decisivi, a maggior ragione qualora sia in ballo la pena di morte, che, anche da questo punto di vista, risulta essere strumento da condannare.

Francesco Bridi