DIRITTI UMANI NEGATI IN ITALIA: VIOLENZA DI GENERE E FEMMINICIDIO

Il workshop sulla violenza di genere tenuto dalla professoressa Donà ci ha permesso di leggere diverse sfumature sul dibattito in questione.
Quando si tratta di violenza di genere, il riferimento normativo a livello internazionale è rappresentato dalla  CEDAW, la Convenzione per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne, adottata nel 1979 dall’Assemblea generale delle Nazioni unite, il qual documento si è confermato negli anni il punto di riferimento a livello internazionale attraverso il quale gli stati  sono stati chiamati a mantenere alta l’attenzione verso i diritti delle donne.
Per poter entrare nel merito della questione, durante il workshop è stata fatta una lettura della Raccomandazione generale n19 sulla violenza di genere adottata nel 1992 dal Comitato Cedaw e della Dichiarazione sull’eliminazione della violenza contro le donne adottata nel 1993 in occasione della conferenza sui diritti umani di Vienna. In entrambi i documenti, è stato interessante esaminare la definizione non solo del concetto di uguaglianza (da intendersi di diritti umani), ma soprattutto di  violenza, fenomeno che può manifestarsi in molteplici modalità non solo di tipo fisico-coercitiva, ma che rinvia a  tutte le forme di limitazione della libertà della donna, tra cui anche quelle di tipo  economica e psicologica.

Durante la tavola rotonda successiva al workshop, la professoressa Donà ha potuto oltretutto sottolineare come la violenza di genere sia prevalentemente agita all’interno della sfera domestica, mentre la violenza contro le donne associata  alla criminalità di strada costituisce la minoranza dei casi denunciati. Inoltre, alla luce delle osservazioni conclusive redatte periodicamente dalla  commissione CEDAW, risulta che l’Italia  non sia  più manchevole di altri stati dal punto di vista del corpus normativo in vigore in materia. Il vero problema risiede infatti nella capacità di attuare quelle norme, il che rinvia all’azione di filtro operata da una cultura di genere tradizionalista propria di chi dovrebbe applicare quelle norme.  Ad esempio, ci si pone la domanda se nel trattare i casi di violenza gli operatori delle forze dell’ordine, della giustizia, del settore sanitario sono adeguatamente formati?

Il workshop tenuto dalla professoressa Donà ha messo in luce alcune misure adottate a livello internazionale e nazionale, ma l’esplosione del dibattito è propriamente avvenuta durante le ultime battute della giornata. Studenti e non hanno preso parte ad un acceso scambio di vedute specialmente sulle questioni di genere. Le mancanze culturali sono evidentemente ancora molte, e molto ancora il dialogo da produrre. Quel che è certo, è che in futuro l’Italia in materia di diritti non potrà più tenere gli occhi chiusi di fronte alle tematiche di genere. L’approvazione della ratifica della Convenzione di Istanbul da parte della Camera dei Deputati lo scorso 28 maggio è un esempio di come nuovi passi in un percorso verso la piena attuazione dei diritti umani sia più che mai urgente e necessario, nonché attuale.

Parità di diritti, riconoscimento del valore della donna e della sua presenza nella società sono strade che l’Italia dovrà percorrere se vorrà definirsi un paese che rispetta  i diritti umani. Come ha suggerito Pobbiati durante l’apertura della tavola rotonda: è tempo ormai di buttare alle spalle, chiudere il capitolo della violenza di genere alle spalle della storia, per far trionfare il progresso umano.

Alessia Donà è ricercatrice in scienza politica presso il Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale e membro del Centro studi interdisciplinari di genere dell’Università degli Studi di Trento . Tra le diverse pubblicazioni troviamo “Genere e politiche pubbliche. Introduzione alle pari opportunità.”, Milano : Bruno Mondadori, 2007.

DIRITTI UMANI NEGATI IN ITALIA: CARCERI E SITUAZIONE DEI DETENUTI

Che in Italia ci sia il problema del sovraffollamento delle carceri è tristemente noto.

La Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato l’Italia per il trattamento dei suoi detenuti addirittura due volte: spazi ridottissimi, poco tempo e a volte mancanza della famosa ora d’aria all’aperto, condizioni igienico-sanitarie degradanti, spazi comuni insufficienti e inefficienti possibilità per il detenuto di adire alle autorità giudiziarie per i propri diritti. Tutto questo è facilmente sintetizzabile: sovraffollamento e legislazione fallace.

Ma quello che ci si domanda è: cosa comporta? Perché ce ne dovremmo preoccupare? Sono criminali e devono pagare per quello che hanno fatto, o no?

Forse ci si dimentica che la prigione non debba essere solo una punizione, ma anche e soprattutto un’opportunità per migliorare, per essere rieducati alla convivenza civile e tornare poi in una società nella quale si riesca a vivere in armonia.

Troppo spesso però queste esigenze non vengono perseguite adeguatamente, anche e proprio perché  il sovraffollamento impedisce la piena attuazione del trattamento rieducativo.

Le condizioni disumane in cui vivono i nostri detenuti non permettono una loro rieducazione, motivo per cui il tasso di recidiva è alto e molti dei detenuti ritornano in prigione. È un cane che si morde la coda: sebbene la criminalità in Italia sia diminuita (al contrario di quanto non sia percepito) le stesse persone che escono dal carcere, hanno una grande probabilità di rientrarci.

Quali soluzioni allora? Le misure alternative, tra cui la semi-libertà, la mediazione penale, l’educazione e la formazione professionale, il lavoro esterno ed interno al carcere in quanto riabilitativo… Sono tante le cose che si potrebbero fare, se solo ci fosse più attenzione da parte dell’opinione pubblica e della classe politica dirigente.

 La Prof.ssa Antonia Menghini della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Trento ha spiegato con chiarezza questo e molto altro, facendo riferimento a fatti, leggi e sentenze. Un interessante workshop che ci ha fatto riflettere e aprire la mente su un argomento del quale non si pone, solitamente, la dovuta attenzione.

Buon compleanno, Amnesty!

Il 28 maggio 1961 compariva sul quotidiano inglese The Observer l’articolo The Forgotten Prisoners (I prigionieri dimenticati). L’articolo denunciava le persecuzioni subite da chi semplicemente si esprimeva in maniera libera e sollecitava una mobilitazione dell’opinione pubblica. La reazione in seguito alla pubblicazione dell’articolo dava l’avvio alle attività di Amnesty International.

Sono passati 52 anni da quel giorno e tante cose sono cambiate nel mondo, ma l’attività di Amnesty International rimane necessaria per lottare contro le violazioni dei diritti umani e dare speranza alle persone che le subiscono.

La settimana scorsa e’ stato presentato il Rapporto Annuale 2013. La mancanza d’azione a livello globale in favore dei diritti umani sta rendendo il mondo sempre più pericoloso per i rifugiati e i migranti. È questo il messaggio diffuso da Amnesty International in occasione del lancio del suo Rapporto annuale 2013, che descrive la situazione dei diritti umani in 159 paesi e territori, nel periodo tra gennaio e dicembre 2012.

Ne approfittiamo per ricordare che domani 29 maggio 2013 alle ore 17 presso il giardino del Dipartimento di Economia e Management dell’Università di Trento si svolgerà l’iniziativa Diritti Umani Negati in Italia. Amnesty incontra l’Università

DIRITTI UMANI NEGATI IN ITALIA: AMNESTY INTERNATIONAL INCONTRA L’UNIVERSITÀ

Mercoledì 29 maggio dalle ore 17 alle 19.30, al Dipartimento di Economia e Management dell’Università di Trento (mappa), si terrà l’evento Diritti umani negati in Italia: Amnesty incontra l’Università. L’iniziativa vuole essere un’occasione di approfondimento e riflessione su alcune delle tematiche più attuali riguardanti i diritti umani nel nostro Paese, tematiche sulle quali società civile e politica sono chiamate a confrontarsi e a prendere posizione e si articolerà in due momenti.

17.00-18.00 WORKSHOP:

  • Violenza di genere e femminicidio: Relatrice: Alessia Donà, ricercatrice presso il Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale di Trento
  • Orientamento sessuale: pregiudizi e discriminazione: Relatori: Fabio Fasoli, ricercatore presso il Dipartimento di Psicologia dello Sviluppo e della Socializzazione dell’Università di Padova, e Simone Sulpizio, ricercatore presso il Dipartimento di Psicologia e Scienza Cognitive di Trento
  • Carceri e situazione dei detenuti: Relatrice: Antonia Menghini, ricercatrice presso la Facoltà di Giurisprudenza di Trento

I workshop si focalizzeranno su tre delle tematiche presenti nell’Agenda in 10 punti per i diritti umani in Italia recentemente lanciata da Amnesty International. I workshop serviranno a fornire gli elementi basilari sulle tre tematiche, puntando a un coinvolgimento attivo dei partecipanti.

18.00-19.30 TAVOLA ROTONDA

La tavola rotonda verrà aperta da Paolo Pobbiati, attualmente vice presidente di Amnesty International Sezione Italiana, che parlerà di L’attività di Amnesty International in Italia: cosa puoi fare tu, e proseguirà sviluppando gli spunti emersi nel corso dei workshop.

Tutti i momenti dell’iniziativa sono basati sono un’attiva partecipazione del pubblico, da cui dipenderà il successo dell’evento. Vi aspettiamo numerosi!

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Qui sotto la locandina

locandina 29 maggio

 

A nudo

Giovedì 16 maggio alle ore 21 presso lo Spazio Off, Via Venezia 5 (Trento), avrà luogo lo spettacolo “A NUDO” in occasione della Giornata Mondiale contro l’Omofobia; suggestioni da “Brokeback Mountain” di A.Proulx, di e con Davide Cuccuru, progetto luci di Marco Ferrero, collaborazione alla messa in scena Maurizio Babuin.
Il gruppo di Amnesty Trento sarà presente con un tavolino di raccolta firme e fondi.
Info e prenotazioni: 333 27 53 033 – info@spaziooff.com
Per i soci Amnesty il biglietto è ridotto (8 euro).

IL DALAI LAMA A TRENTO

Resoconto dell’incontro con il Dalai Lama

Giovedi’ 11 aprile 2013 alle 13.30, il Palasport di Trento è ricolmo di gente tutti in trepidante attesa dell’arrivo del Dalai Lama; attesa che ha dovuto pazientare le dichiarazioni di benvenuto, ma sopratutto di denuncia da parte del presidente Pacher per la nostra insufficienza nella lotta per i diritti dei più deboli e per l’indignazione contro le offese che il popolo tibetano ha dovuto così ingiustamente subire; e inoltre due video che presentavano, in pillole, la situazione tibetana e le precedenti visite di Sua Santità in Trentino. All’annuncio dell’ingresso sul palco del Dalai Lama tutta l’emozione si è scaricata in un applauso e in un standing ovation interminabile. L’invito alla compassione e la ricerca della felicità sono stati i due temi cardine di tutto il suo discorso; inviti, che sono tanti più carichi di significato in quanto fatti da una persona, un leader, una guida spirituale che vive l’esilio dal 1959. Il Dalai Lama non si è presentato da vittima, né per informarci sulla situazione che grava sulla sua gente, ma per dirci che dobbiamo abbandonare la nostra collera, la nostra rabbia, e che dobbiamo studiare e coltivare la nostra dimensione interiore. È venuto per dirci che siamo tutti uguali e che tutti hanno il diritto di essere felici. Le parole del Dalai Lama sono state parole d’amore e di profonda speranza per una nuova era dove sarà il dialogo a prevalere e non la legge del più forte. Un discorso pronunciato con un’unione di semplicità e saggezza che ci richiama alle nostre responsabilità per un futuro migliore, un futuro migliore per tutti. La responsabilità dei più grandi consiste nell’impegno di insegnare ai più piccoli i valori più importanti: abbondare l’effimero e la ricerca della bellezza esteriore a favore di quella interiore, mentre la responsabilità delle nuove generazioni consiste nel fare tesoro dei buoni insegnamenti per rendere questo mondo un posto migliore. Un incontro a cui assolutamente non si poteva mancare e che mi rimarrà sempre nel cuore.

La situazione tibetana in pillole

Il Tibet è una regione della Cina, a nord-est dell’Himalaya. Gran parte delle preoccupazioni di Amnesty International e di molti esponenti della comunità internazionale rispetto a questo paese riguarda il rispetto dei diritti umani fondamentali. Solo tra marzo e la fine dell’anno 2012, 12 tibetani si sono dati fuoco per protestare contro il governo cinese, in maggioranza nella regione tibetana dello Sichuan. Le autorità hanno risposto con detenzioni di massa, campagne di “rieducazione patriottica” e limitando le comunicazioni. Non c’è alcun segnale che le autorità cinesi intendano affrontare le cause di queste proteste o riconoscere le rimostranze della comunità tibetana.

(Fonti: Amnesty International:http://www.rapportoannuale.amnesty.it/sites/default/files/Cina_0.pdf e Freedom House: http://www.freedomhouse.org/report/freedom-world/2012/tibet)

Il Dalai Lama sul palco

Il Dalai Lama sul palco