Aiutiamo chi aiuta: il Sistema Interamericano dei Diritti Umani

È l’alba del 28 giugno 2009 quando si verifica un golpe a Tegucigalpa, e il presidente Manuel Zelaya viene “invitato ad andarsene” dai militari, guidati da Roberto Micheletti (ex presidente del Congresso). A fine 2009 vengono indette nuove elezioni, controllate dai militari e senza la presenza di osservatori internazionali, che portano alla vittoria Porfirio Lobo, attuale presidente.

Nelle Americhe, quando si esauriscono le vie legali nazionali, ci si rivolge alla Commissione e alla Corte Interamericana dei Diritti Umani, organi parte di un sistema giuridico (Sistema Interamericano de Derechos Humanos, SIDH) dell’Organizzazione degli Stati Americani. Entrambi gli organi ora sono spesso messi in discussione dagli Stati nazionali, che ne vorrebbero limitare lo spettro d’azione. All’indomani del golpe, l’Honduras era isolato a livello internazionale; e già a metà agosto dello stesso anno la Commissione andava a visitare il Paese, producendo una relazione che è tra le più complete rispetto alle violazioni ai diritti umani avute dopo il golpe. Come ricorda Tirza Flores Lanza nel video, con il golpe “c’è stato un collasso praticamente totale di tutte le istituzioni del sistema di giustizia, ma credo che (da parte del sistema interamericano, ndr) la reazione sia stata molto positiva e rapida fin dal primo giorno”.

Ma come si è venuta a creare questa situazione? I contrasti tra i tre poteri dello Stato – Presidente, Congresso Nazionale, Corte Suprema – rispetto alle modalità di elezione del Presidente erano evidenti da tempo. In molte realtà dell’America Latina, nelle Costituzioni Nazionali è previsto il vincolo di un solo mandato presidenziale: eredità della storia recente, piena delle dittature che hanno attraversato il continente. Zelaya, prima del golpe, stava preparando un referendum per chiedere ai suoi concittadini la possibilità di modificare la Costituzione e presentarsi alle elezioni per un secondo mandato. Il referendum era stato dichiarato illegale dalla Corte Suprema, ma Zelaya aveva chiesto l’appoggio ai militari. Il capo dell’esercito si era opposto, e Zelaya lo aveva destituito dall’incarico.

Da qui al golpe: Tirza Flores Lanza, magistrato della Corte di Appello di San Pedro Sula ha manifestato apertamente il suo dissenso, denunciando Micheletti, il Capo di Stato Maggiore Congiunto delle Forze Armate, e vari deputati. Insieme a lei anche l’avvocatessa Claudia Hermandorfer del Centro dei Diritti delle Donne, il giudice Guillermo López Lone, la coordinatrice generale di COFADEH Bertha Oliva, il procuratore Víctor Fernández, il difensore civico Fajardo e numerosi cittadini e cittadine a carattere privato.

A maggio 2010 Tirza è stata espulsa dall’incarico, insieme ad altri magistrati che avevano espresso il loro parere contro il golpe. Il caso è ora passato al SIDH: nel video immagini del golpe e il suo racconto.

Novella Benedetti

Per ulteriori informazioni:  Giornale Sentire
http://www.giornalesentire.it/2008/aprile/1172/hondurasvocidalgolpe.html
http://www.giornalesentire.it/2008/aprile/1154/xhond.html
http://www.giornalesentire.it/2008/aprile/1153/hondurasscattidalgolpe.html

La Prensa

Tirza Flores Lanza (Español) from CEJIL on Vimeo.

Azione Urgente per la Comunità di Pace di San Josè de Apartadò (Colombia)

Il Segretariato di Amnesty International ha emesso il 27/02/2013 un’Azione Urgente a tutela della Comunità di Pace di San Josè de Apartadò (Dipartimento di Antioquia – Colombia), già in passato e tuttora oppressa dalla sempre crescente presenza in zona di corpi paramilitari. Tale Comunità, fondata nel 1997, rifiuta l’uso delle armi, di prendere parte ad alcun conflitto e di fornire qualunque tipo di informazione o supporto logistico a qualsivoglia parte belligerante e chiede che il proprio territorio rimanga perciò libero da ogni scontro. Sin dalla sua nascita, essa è stata per questo vittima di violenze, omicidi, stupri e minacce, con più di 170 membri o semplici civili uccisi o scomparsi, soprattutto ad opera di gruppi paramilitari e con la connivenza delle forze governative. La situazione si è ultimamente ancora aggravata a seguito di minacce (che preannunciavano un nuovo massacro, con obiettivi primari i leader), dopo che un tribunale amministrativo ha ordinato allo Stato colombiano di chiedere scusa ai membri della Comunità per la sua partecipazione ad un massacro avvenuto nel 2005, in un’operazione congiunta tra esercito e forze paramilitari, a seguito della quale otto persone, tra le quali quattro bambini, erano state uccise.

L’appello che vi chiediamo di sottoscrivere, rivolto al Presidente della Repubblica colombiana, Juan Manuel Santos (e che verrà inviato anche al Ministro della Difesa, Juan Carlos Pinzòn e alla Comunità), esprimendo forte preoccupazione per quanto sopra, chiede

  1. che vengano ordinate indagini esaurienti ed imparziali sulle minacce e sulla crescente presenza di paramilitari nella regione,

  2. che sia adottata ogni misura adeguata al loro smantellamento e allo scioglimento di ogni collegamento con le forze di sicurezza (in accordo con gli impegni assunti dal Governo e con le raccomandazioni espresse dall’ONU e da altre organizzazioni intergovernative)

  3. che siano resi pubblici i risultati

  4. ed affidati alla giustizia i responsabili.

Aiutiamo la Comunità di Pace di San Josè de Apartadò firmando
l’appello disponibile in questo link di Amnesty International

Vi preghiamo di stamparlo, firmarlo ed inviarlo ai tre indirizzi riportati nel documento.

 Francesco Bridi

Referente America Latina – Gruppo 150 Amnesty Trento