28 maggio 1961 – 28 maggio 2014: 53 anni in difesa dei diritti umani

Ripreso da http://www.amnesty.it/28-maggio-1961-28-maggio-2014-53-anni-in-difesa-dei-diritti-umani

Aprite il vostro quotidiano un qualsiasi giorno della settimana e troverete la notizia di qualcuno, da qualche parte del mondo, che è stato imprigionato, torturato o ucciso poiché le sue opinioni e la sua religione sono inaccettabili per il suo governo. Ci sono milioni di persone in prigione in queste condizioni, sempre in aumento. (…) Il lettore del quotidiano percepisce un fastidioso senso d’impotenza. Ma se questi sentimenti di disgusto ovunque nel mondo potessero essere uniti in un’azione comune, qualcosa di efficace potrebbe essere fatto“.

Il 28 maggio 1961, con la pubblicazione sulla prima pagina dell’Observer, di un articolo – appello dell’avvocato inglese Peter Benenson, intitolato “I prigionieri dimenticati”, nacque Amnesty International.
Quell’articolo venne ripreso da altri organi di stampa nel mondo e l’adesione entusiasta di migliaia di persone convinse Benenson a trasformare l’appello iniziale in quello che sarebbe diventato il più importante movimento globale per i diritti umani, di cui fanno parte 53 anni dopo oltre tre milioni di persone, impegnate giorno per giorno a svolgere campagne per porre fine alle violazioni dei diritti umani e ad apportare un cambiamento reale nella vita dei titolari dei diritti umani.
Da oltre mezzo secolo il logo di Amnesty International, una candela circondata dal filo spinato, è il simbolo mondiale della libertà e della giustizia.
In 53 anni di campagne in difesa dei diritti umani, Amnesty International ha contribuito alla liberazione di oltre 50.000 prigionieri di coscienza (quasi tre ogni giorno) e a promuovere e a far sviluppare norme internazionali sui diritti umani, come la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura (1984) o, a livello europeo, la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (2011).
La nostra mobilitazione e pressione hanno aperto la strada all’istituzione della Corte penale internazionale, che dal 2002 può processare individui che hanno commesso crimini internazionali come genocidio, crimini di guerra e crimini contro l’umanità.
Insieme ad altre organizzazioni per i diritti umani, abbiamo spinto le Nazioni Unite ad adottare, nel 2013, un trattato che regolamenta il commercio di armi, per impedire che finiscano nelle mani di regimi che vìolano i diritti umani.
Mentre paese dopo paese, il mondo decideva di porre fine alle esecuzioni capitali, a partire dalla seconda metà dello scorso decennio Amnesty International è stata al centro della coalizione che ha convinto le Nazioni Unite ad approvare una moratoria globale sulla pena di morte. Oggi sono 109 i paesi nel mondo che la sostengono. Sempre meno, invece, circa una ventina, sono i paesi che ancora ricorrono alla pena capitale.
Ogni giorno, in tutto il mondo, ci sono persone il cui destino è direttamente legato all’azione degli attivisti di Amnesty International: un imputato riceve un processo equo; un condannato a morte viene salvato dall’esecuzione; un detenuto cessa di essere torturato; un attivista torna in libertà per continuare a lavorare per i diritti umani; un bambino impara a conoscere, nella sua classe, quali sono i suoi diritti; una famiglia riesce a lasciare un campo per rifugiati e a tornare a casa; un ex bambino soldato si disfa la sua vecchia uniforme; un agente di polizia apprende come mantenere l’ordine pubblico senza creare paura; gli appartenenti a una comunità emarginata si organizzano per chiedere la fine della discriminazione; un padre ritrova finalmente i resti dei figlio, “scomparso” anni prima; una donna ritrova giustizia, perché il suo governo ha messo fuorilegge la violenza di genere.
Tuttavia, ancora oggi in molte parti del mondo le parole “diritti umani” sono prive di senso concreto. Lo hanno, invece e purtroppo, parole come povertà, insicurezza, privazione, esclusione, discriminazione, violenza, tortura, pena di morte, detenzioni arbitrarie, processi iniqui: milioni di persone sanno il loro significato perché le vivono sulla loro pelle.
A 53 anni dalla sua nascita, l’azione di Amnesty International ci ricorda che i titolari dei diritti umani, e coloro che li difendono, si trovano di fronte ogni giorno governi repressivi, gruppi armati spietati, cinici interessi privati.
Ma, oggi come nel 1961, chi fa parte di Amnesty International sa trasformare l’indignazione in azione e – come scriveva Benenson – “i sentimenti di disgusto in un’azione comune”.

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